Negli ultimi giorni, purtroppo, si sono verificati ulteriori incidenti mortali sul lavoro in Italia. Di seguito, un riepilogo dei casi più recenti:
- Raffaele Galano, 58 anni, operaio con oltre 30 anni di esperienza, è deceduto il 6 maggio 2025 a Brendola (Vicenza) mentre lavorava nello stabilimento metalmeccanico Aristoncavi. Ha perso l’equilibrio ed è caduto vicino a un macchinario che lo ha risucchiato da un braccio.
- Un operaio edile è morto a Frattamaggiore (Napoli) cadendo durante la ristrutturazione della facciata di un edificio.
- A Paliano (Frosinone), un uomo di 47 anni, dipendente di una ditta di manutenzioni, è deceduto dopo essere stato folgorato da una scossa elettrica mentre sostituiva pannelli in un impianto fotovoltaico.
- Il 2 maggio 2025, un operaio ucraino di 46 anni è morto in un cantiere a San Lorenzo, Roma, dopo essersi sentito male; i soccorsi non sono arrivati in tempo.
- Sempre il 2 maggio, un altro operaio agricolo è deceduto nei campi di Apricena (Foggia) a causa di un malore.
- Pierpaolo Nerone, 54 anni, gestore di uno stabilimento balneare a Silvi Marina (Teramo), è morto il 1° maggio 2025 per un malore mentre era al lavoro.
- Lamine Barro, 28 anni, senegalese, è stato investito da un’auto mentre rientrava a casa in bicicletta a Mesagne (Brindisi) il 1° maggio 2025.
- Shiella Claudia Kouassi Ouphuet, 27 anni, originaria della Costa d’Avorio, è deceduta il 30 aprile 2025 a Imperia, travolta da un autobus mentre correva per non perderlo.
Questi tragici eventi evidenziano la necessità urgente di rafforzare le misure di sicurezza sul lavoro e di promuovere una cultura della prevenzione in tutti i settori.
Ancora sangue nei luoghi di lavoro. Otto vittime, in otto diverse province italiane, in cinque giorni. È l’ennesimo tragico bollettino di una strage silenziosa che non conosce tregua.
“Ogni morte sul lavoro è una sconfitta per lo Stato, per le imprese, per il sindacato, per l’intera società civile. È tempo di smetterla con le dichiarazioni di rito. Serve una reazione forte, sistemica, strutturale. Basta parole, servono fatti.” – afferma con fermezza il Segretario Generale della CONF.I.A.L. Benedetto Di Iacovo.
Dietro queste tragedie si nasconde un nemico ben noto: l’economia sommersa, che in Italia vale circa 270 miliardi di euro e alimenta una platea di oltre 3 milioni di lavoratori irregolari, spesso invisibili, non formati, non tutelati, sfruttati e abbandonati.
“Il lavoro irregolare, illegale e nero è la vera fabbrica della morte nei cantieri, nei campi, nei laboratori, nei magazzini. Dove non c’è contratto, non c’è sicurezza. Dove non c’è ispezione, c’è impunità.” – prosegue Di Iacovo.
Le proposte della CONF.I.A.L. per combattere l’illegalità e salvare vite:
- Assunzione immediata di almeno 5.000 ispettori del lavoro, formati e operativi su tutto il territorio nazionale, con poteri ampliati e strumenti tecnologici adeguati.
- Costituzione in ogni Regione di “Centrali Allarme Emersione”, organismi permanenti interistituzionali coordinati dalle Commissioni Regionali per l’Emersione del Lavoro Irregolare, con la partecipazione di INL, Inps, Inail, Prefetture, Comuni, parti sociali.
- Finanziamento nazionale di Piani Regionali per l’Emersione, sulla scia del modello Calabria, dove la Commissione Regionale per l’Emersione – presieduta proprio dal Segretario Generale di CONF.I.A.L. Benedetto Di Iacovo – ha già avanzato proposte concrete, operative e replicabili.
- Introduzione dell’obbligo di tracciabilità digitale per tutte le prestazioni lavorative nei settori a rischio, con incrocio automatizzato dei dati tra banche dati pubbliche.
- Campagne di sensibilizzazione e formazione diffusa sulla cultura della legalità, della sicurezza e della dignità del lavoro, a partire dalle scuole e dalle aziende.
“Basta con l’ipocrisia istituzionale” Pretendiamo che le istituzioni assumano questa emergenza come priorità nazionale. Le morti sul lavoro non sono fatalità: sono il frutto marcio di scelte politiche mancate e di controlli assenti. Ed è da ricordare alla politica e ai parlamentari che il diritto alla vita nei luoghi di lavoro è un diritto assoluto ed universale, che non può avere riscontri di compatibilità economica o di costi. E’ un diritto e basta!” – conclude Di Iacovo-.