DI IACOVO, CONFIAL: UN GOVERNO PER LE RIFORME SOCIALI ED ECONOMICHE

di Benedetto Di Iacovo, segretario generale Confial

La navicella del nuovo governo sta prendendo il largo. Tanti sono i problemi che dovrà affrontare, in primo luogo l’assunzione di misure che stimolino la crescita dell’economia e dell’occupazione, in una fase in cui il ciclo internazionale annuncia una brusca frenata, in primo luogo in Europa.

A 50 anni di distanza dalla grande stagione di lotte sociali che fu l’autunno caldo nel 1969, con il grande balzo di conquiste per i lavoratori e i pensionati, c’è bisogno di un nuovo periodo in cui i diritti e il reddito per il mondo del lavoro crescano, attraverso anche una redistribuzione della ricchezza.

La Confial, fedele al modello sindacale basato sull’autonomia dai governi e dalle istituzioni e indipendente dai partiti, giudicherà il nuovo esecutivo a prescindere dalla formulistica politica, valutandolo nel merito delle scelte, che dovranno contrastare le diseguaglianze generate dalla globalizzazione e dalla finanziarizzazione economica, nonché dalla coltre gelata dell’austerity imposta dalla dottrina monetarista che, sino ad ora, ha imperato in Europa.

Nella società industriale taylorista-fordista il luogo dello scontro sociale era fondamentalmente la fabbrica ed attraverso il conflitto la classe operaia e quella imprenditoriale si contendevano la distribuzione del reddito; oggi, nell’economia 4.0, la posta in gioco è la verticalizzazione delle differenze, tra chi è in cima alla scala sociale e chi, la grande maggioranza, è sotto.

C’è bisogno di conseguenza del dialogo sociale e della valorizzazione del ruolo dei soggetti collettivi, espressivi di una società delle comunità che promuova il collettivo e l’equità, contro l’anomia liberista.

Un dialogo sociale di tipo nuovo, aperto e inclusivo, senza le rendite di posizione di un sindacalismo cosiddetto “storico”, ripiegato in un rapporto corporativo con le associazioni datoriali “tradizionali”, Confindustria in primo luogo, in una sorta di cittadella chiusa, sempre più piccola e assediata da nuove forme di sindacalismo autonomo e di base e da organizzazioni datoriali espressive del nuovo sistema produttivo reticolare in profonda trasformazione, nell’ambito di un nuovo ed elevato pluralismo associativo che ha eroso consensi e rappresentatività, arginato a fatica dai vecchi paletti di un ordinamento intersindacale che impedisce a chi ne è fuori di esercitare legittimamente diritti sindacali e funzioni di contrattazione collettiva. Tema, quest’ultimo, che abbisogna ormai, senza remore, di un intervento legislativo regolativo, rispettoso dei principi e delle previsioni dell’art. 39 della Costituzione, letti in chiave evolutiva, per riscrivere e aggiornare relazioni industriali che mostrano evidenti segni di logoramento.

Legge “sindacale” su rappresentanza e rappresentatività, salario minimo legale, garanzia del pluralismo nella composizione del Cnel che deve essere il baricentro del nuovo dialogo sociale: queste le coordinate per una nuova e più attuale prospettiva dei rapporti socio-istituzionali.

E al governo la Confial, anche attraverso la costruzione di un auspicabile nuovo sistema di alleanze nel mondo sindacale, chiederà risposte concrete su alcuni temi strategici quali un grande piano di investimenti in infrastrutture materiali come porti, strade, aeroporti, ponti, autostrade, e immateriali, in primo luogo con la diffusione generalizzata della fibra e il free-wi fi; la promozione dell’industria 4.0 e della green-economy specie per il trasporto, con particolare riferimento al Mezzogiorno, che abbisogna non solo di investimenti pubblici ma anche privati, attraverso uno strumento di promozione delle imprese come una “Mediobanca per il Sud”, nel quadro di un generale sostegno alla domanda privata del Paese per stimolare i consumi e rilanciare il tradizionale ciclo keynesiano. E’ giusto anche ricordare che da decenni nel nostro Paese non si predispongono e realizzazno adeguate Politiche industriali, cosa questa che ha portato al declino e alla marginalizzazione il nostro sistema produttivo in ambito Europeo e mondiale.

E per il lavoro serve una riregolazione fondata su nuove tutele rivolte anche nei confronti di quell’area crescente di prestazioni di natura parasubordinata, magari introducendo un Codice del lavoro che semplifichi e renda chiare le norme in materia di rapporto di lavoro, sicurezza e ambiente, diritti sindacali e relazioni industriali, mercato del lavoro.

Insomma, senza slogan manieristici, servono all’Italia nuove e moderne riforme sociali ed economiche, un vero “New Deal”, ricordando sempre il monito di Franklin Delano Roosewelt circa la libertà e la lotta ai populismi: “La vera libertà individuale non può esistere senza sicurezza economica ed indipendenza.

La gente affamata e senza lavoro è la pasta di cui sono fatte le dittature e dove allignano e si alimentano le mafie.”

Anche per queste ragioni serve una nuova etica pubblica e occorre rilanciare quelle tematiche riguardanti la diffusione della “cultura della legalità”, con una forte e concreta azione di contrasto al lavoro nero, irregolare, caporalato e allo sfruttamento dei minori. Anche per questo il Paese deve vivere una rigenerazione delle classi dirigenti perché diventino nuovi “costruttori di futuro”.

 

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