Jobs Act: il gioco delle tre carte

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Benedetto Di Iacovo           Coordinatore Nazionale CONFIAL 

Prime crepe nel Jobs Act: diminuiscono le assunzioni e aumentano i licenziamenti. La CONF.I.A.L. – Confederazione Italiana Autonoma Lavoratori , sin dalla prima ora, non ha mai considerato il Jobs Act come una misura capace di incentivare l’occupazione e i contratti a tempo indeterminato, bensì un semplice strumento regolatorio del mercato del lavoro, capace di fare emergere, al massimo, rapporti di lavoro sommersi o irregolari e capace di far risollevare illusoriamente la lancetta dell’occupazione, per effetto degli incentivi, ormai depotenziati dalla loro stessa riduzione, offerti alle diverse imprese,  le quali hanno trovato a quel tempo  conveniente trasformare i contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. Il Jobs Act ha azionato una bomba ad orologeria – ha spiegato il Coordinatore nazionale di CONF.I.A.L. Benedetto Di Iacovo – le cui lancette sono rappresentate da due fattori: la flessibilità del nuovo mercato del lavoro e gli ammortizzatori sociali. Quando queste raggiungeranno la fatidica ora, ovvero la scadenza dei 3 anni di incentivi previsti per le imprese, saranno autrici di una detonazione tanto forte quanto disastrosa per l’intero sistema sociale italiano.

“Insomma, chi ha ragione il ministero del Lavoro o l’Istat”: attacca così, il Coordinatore nazionale della CONF.I.A.L., Benedetto Di Iacovo, sulla querelle a proposito dei dati sulla disoccupazione, in cui il Ministero ha dichiarato un aumento a settembre del tasso di disoccupazione al 39,2% e l’Istat una crescita, dopo il trimestre aprile-giugno, dell’occupazione di 189 mila unità rispetto ai tre mesi precedenti. Realisticamente si è chiesto il leader sindacale “forse l’Istat è venuto in soccorso di un governo, che, con il Job Act, ha reso solo più precario il lavoro, senza crearne di nuovo. Infatti, il lavoro- conclude Di Iacovo – si crea sviluppando l’economia e rendendo stabile e non flessibile al massimo il lavoro”.

Basta con i dati spot. Di fatto, il Jobs Act ha reso estremamente flessibile un mercato del lavoro non pronto ad esserlo, a differenza di quello americano il cui tasso di disoccupazione si aggira intorno al 4%, e per reggere questa flessibilità mal imposta è stato previsto un bastone di sostegno rappresentato dagli ammortizzatori sociali, ovvero dalle indennità di disoccupazione. Pertanto tali ammortizzatori, ideati quali cuscini utili ad attutire “il colpo” del licenziamento, si sono trasformati (o lo sono sempre stato) in un divano comodo e rassicurante ove rimanere sdraiati per ben 18 mesi.

Il Jobs Act a tutele crescenti per ora vede solo licenziamenti

CONFIAL contro la riforma sin dalla prima ora

Inutile rimarcare i costi a carico dello Stato, una misura costata circa 20 miliardi e che dopo 3 anni ha portato semplicemente ad un innalzamento fittizio e temporaneo della curva degli occupati (per essere positivi) o meglio, per essere puntigliosi, ha comportato solo un piccolo aumento della percentuale di occupazione emersa.

Finito l’effetto doping degli sgravi contributivi i tutte le storture ed i limiti di questo strumento adottato con la decantata riforma del mercato del lavoro stanno emergendo a galla e ci troviamo in una condizione tale da toccare picchi di disoccupazione elevati, l’11,4% di cui il 38,9% quella giovanile, mai visti prima e per ricorrere ai ripari da questa catastrofe preannunciata l’Esecutivo ha pensato bene di prevedere una proroga, pur parziale, degli sgravi contributivi.

Quello che i Nostri governanti non hanno capito, o fanno finta di non capire, è che la nuova occupazione e i nuovi posti di lavoro, soprattutto durevoli nel tempo, si creano se si mettono in campo adeguate politiche di sviluppo e crescita economica, quindi favorendo la nascita di nuove imprese. Perché solo la nascita di nuove imprese consente lo sviluppo di nuova occupazione, attesi i vincoli assunzionali nel Pubblico Impiego.

Con forte convinzione – conclude il Coordinatore  nazionale CONF.I.A.L. – che il Jobs Act, venuti meno gli incentivi, non servirà nemmeno più a far emergere lavoro nero, sommerso e irregolare, e come aggravante si porterà dietro uno strascico non indifferente, poiché chi verrà assunto grazie a questa riforma anziché “le tutele” avrà semplicemente qualche “indennizzo crescente”.

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