25 Novembre giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Un cammino ancora lungo quello contro la violenza

Editoriale di Maria Luigia Alimena, Coordinamento Nazionale Donne Confial

“Libertà ed emancipazione sono i due grandi temi che si accompagnano più spesso alla parola Donna. Nulla appare come definitivamente acquisito rispetto a queste due tematiche, anzi, il pericolo che le discriminazioni, in termini di diritti delle donne, siano sempre di più in agguato, è più che mai realistico.

Nel 1999 le Nazioni Unite hanno istituito la Giornata Mondiale per l’eliminazione della violenza contro le donne, i leader mondiali auspicavano di rimuovere tutte le forme di violenza e discriminazione contro donne e ragazze entro il 2030. Considerati i dati dell’Osservatorio Internazionale sulle violenze di genere, in Italia e nel mondo, il cammino appare ancora pieno di insidiose minacce e pericoli da contenere.

Durante il lockdown sono, infatti, raddoppiati i casi di omicidio in ambito familiare e domestico: sono passati da circa un omicidio familiare-affettivo ogni tre giorni ad un omicidio ogni due giorni, per un totale di 58 omicidi. E, come detto, soprattutto sono triplicati i casi di omicidio di donne in ambito familiare-affettivo: da una media di circa un omicidio ogni sei giorni ad un omicidio di donna ogni due giorni. Un campanello d’allarme, non solo in merito ai dati in forte aumento, ma anche in ragione agli ambienti in cui si esercita la violenza. La casa ed il luogo di lavoro rappresentano gli spazi di maggior pericolo per le donne.

Ogni 10 donne uccise, 6 sono state uccise da un partner o familiare. In sintesi, c’è più da aver paura a restare in casa che ad uscire di notte.

Nel nostro Paese, secondo il monitoraggio effettuato dall’Ispesl (l’Istituto per la prevenzione e la sicurezza del lavoro), sono circa un milione e mezzo i lavoratori italiani vittime del mobbing su 21 milioni di occupati; il fenomeno è più presente al Nord (65%) e colpisce maggiormente le donne (52%). Considerato che la donna ha dovuto lottare più dell’uomo per avere riconosciuti i suoi diritti in ambito lavorativo, il mobbing “al femminile” rappresenta sicuramente una grande sconfitta. La maternità e i rifiuti ad avances sessuali rappresentano le maggiori cause di mobbing. Frequenti sono le richieste di aiuto al rientro dal periodo di maternità riconosciuta che inducono le vittime all’autolicenziamento. L’ambito lavorativo, inteso sia come luogo di lavoro, che nelle modalità di accesso allo stesso, rappresenta un campo di disparità evidente.

Particolarmente rilevante è il tema del lavoro sommerso. Le donne sono disposte spessissimo a svolgere qualsiasi lavoro, anche a basso salario e di bassa manovalanza, che consenta loro di ottemperare alle loro responsabilità di madri e di donne di famiglia.  Quasi tre milioni di donne in Italia, infatti, lavorano in nero per necessità o convenienza.

Il 47,4% dei lavoratori “a nero”, principalmente del Nord, sono donne impegnate nel settore dei servizi – soprattutto quelli domestici e familiari – con titolo di studio medio-alto.

L’Isfol, ha intervistato un campione di mille donne, italiane e straniere – 306 residenti a Torino, 351 a Roma e 330 a Bari – titolando la ricerca con un nome lungo, ma che non lascia spazio alle interpretazioni: “Dimensione di genere e lavoro sommerso. Indagine sulla partecipazione femminile al lavoro vero e irregolare”.

Dalla stessa emerge che il 67% delle donne dell’indagine svolge un lavoro sommerso da un anno o più, confermando che esso non ha natura occasionale né è di breve durata, ma ha carattere di stabilità.

Ciò che più colpisce della condizione di queste lavoratrici è la rassegnazione con cui vivono la loro condizione, definendola “condizione difficilmente mutabile”.

Altra considerazione, necessaria e sconcertante, riguarda le retribuzioni che oscillano tra i 300 e i 700 euro mensili, a seconda dell’orario e dell’attività svolta: servizi familiari o domestici – appannaggio per lo più di straniere (colf, badanti ecc.) – servizi del terziario, industria e servizi alle imprese.

Nel 2001 a Lisbona i Paesi dell’Unione Europea indicarono come obiettivo per il 2010 un tasso di occupazione femminile regolare al 60% ed azioni ed indicazioni per i Paesi membri di contrasto al sommerso. Attese che attualmente risultano ancora distanti da realizzare.

Non è da considerarsi anche questa una forma di violenza?!

Tutto ciò detto fin’ora, ci induce a considerare che certamente bisogna perseguire chi si macchia di reati contro la parità di genere e quanti compiono atti di abuso violento, sessuale o psicologico, contro le donne ma è, ancora più urgente, lavorare sull’uguaglianza di genere sia in ambito pubblico che nella sfera privata, cercando di scardinare la dualità esistente tra violenza e mascolinità. Si tratta di riconoscere che la violenza contro le donne non è un problema che attiene solo le donne, ma è necessario richiamare le responsabilità di tutti coloro che favoriscono e non ostacolano abbastanza gli steriotipi sessisti, i comportamenti inaccettabili che contribuiscono alla creazione ed al radicarsi di atteggiamenti attinenti ancora ad una cultura patriarcale e maschilista che in molti casi giustifica gli abusi sulle donne. Abusi, violenze, stupri, emarginazioni non sono sempre frutto di raptus, o di gelosia estrema, ma appunto, il risultato di una società in cui le donne sono costantemente discriminate e non adeguatamente valutate.

Il mondo in fondo si muove sulle gambe delle donne. Occorre sostenerla e favorire la sua indipendenza affinché questo si possano percorrere nuovi orizzonti di speranza e di sviluppo in ogni ambito.  L’identità di un Paese civile si confonde un po’ con la storia delle sue donne, destinate per natura a garantirne la continuità ed anche la sussistenza dei principi e dei valori che la contraddistinguono da sempre. Sono le donne destinate ad alimentare le idee, sono le donne quelle a cui è rivolta la richiesta di attenzione e di resistenza nei maggiori momenti di pericolo, coloro che in momenti come questi non solo sostengono le famiglie ma a cui è demandato il grande sacrificio di impegnarsi nel sostenere scuola, sanità ed ambiti sociali. “Ogni volta che una donna lotta per se stessa, infatti, lotta per tutte le altre”….(Maya Angelou) e per tutti gli uomini che da loro in fondo dipendono”.

#tutteinsiemesiamopiùforti

Maria Luigia Alimena

Coordinamento Donne Confial Nazionale

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