Nel lavoro domestico legittimo il licenziamento della lavoratrice in gravidanza

Nell’ultimo ventennio le attenzioni verso le donne in ambito lavorativo sono aumentate. Lo Stato ha previsto molteplici tutele e diritti per le lavoratrici, principalmente in situazioni delicate come il periodo di gravidanza e maternità,  codificando, infine,  il tutto in un unico documento: il Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 intitolato “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità”.

Quindi, che le lavoratrici madri godano di una tutela a 360° è un principio assodato e ribadito anche dalle successive modifiche, ultima delle quali quella apportata con il Jobs Act. Ma esiste un’eccezione anche in tal caso poiché, così come sancito dalla Cassazione con la recente sentenza del 2 settembre 2015, n. 17433, nel lavoro domestico il licenziamento della lavoratrice in gravidanza non è illegittimo, né nullo, né discriminatorio.

Difatti, la Suprema Corte ha chiarito che in base all’art. 62, co. 1, del D. Lgs. 151/2001 “alle lavoratrici addette ai servizi domestici e familiari si applicano le norme relative al congedo di maternità e le disposizioni di cui agli articoli 6, co. 3°, 16, 17, 22, commi 3° e 6°, ivi compreso il relativo trattamento economico e normativo”  con esclusione, dunque, del divieto di licenziamento (dall’inizio della gestazione fino al compimento del primo anno d’età del bambino) previsto, invece, dall’art. 54 dello stesso decreto legislativo.

Dunque, non essendo per legge vietato licenziare la lavoratrice in stato di gravidanza, in ambito di lavoro domestico, il recesso da parte del datore non può essere considerato illecito o comunque discriminatorio. La lavoratrice in gravidanza licenziata avrà diritto solo all’indennità sostitutiva di preavviso, in caso di licenziamento in tronco, e all’indennità di maternità (secondo l’art. 24. commi 1° e 4° D. Lgs. 151/2001) qualora sussistano le condizioni, così come stabilito dalla stessa Cassazione con sentenza n. 21121 del 2 ottobre 2009.

Pertanto, le tutele previste per le lavoratrici madri, nel settore domestico, sono rappresentate dagli articoli 6, 16, 17 e 22 del D. Lgs 151/2001 per mezzo delle quali è vietato adibire al lavoro le donne durante il periodo di astensione obbligatoria (dai due mesi precedenti la data presunta del parto ai tre mesi successivi, con eventuali estensioni del divieto) ed è attribuita alle stesse l’indennità giornaliera pari all’80% della retribuzione per tutto il periodo del congedo di maternità (il quale dovrà essere computato nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie).

 

 

 

 

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