Novità Jobs Act: Quali Rischi?

A tre mesi dall’entrata in vigore dei decreti delegati n. 22 e 23/2015, che hanno riscritto le regole del Mercato del Lavoro in Italia, è tempo di procedere ad una prima analisi del Jobs Act, al fine di evidenziare i possibili rischi che potrebbero palesarsi con la sua entrata in vigore.

Partendo dal presupposto che è ancora presto per dare un giudizio definitivo su una riforma che spiegherà i suoi effetti solo nei prossimi anni e che, in ogni caso, attende ancora gli ultimi decreti attuativi, attesi per questo mese di giugno, che apporteranno ulteriori modifiche alle regole del mercato del lavoro (vedasi demansionamento, abolizione di particolari forme contrattuali, modifica della disciplina del contratto a tempo determinato etc…) e tralasciando, altresì, i dati spesso discordanti forniti dal Governo e dall’Istat relativi all’aumento e/o al calo della disoccupazione; è opportuno, comunque, far rilevare alcune criticità che emergono in questi primi mesi in cui si è fatto ricorso al nuovo contratto a tutele crescenti.

Il primo rischio in cui si incorre è quello relativo al fatto che molte aziende potrebbero licenziare i dipendenti assunti col vecchio regime contrattuale e parimenti procedere all’assunzione di nuovi lavoratori al fine di farli rientrare nel nuovo contratto a tutele crescenti, più vantaggioso per l’azienda perché meno oneroso (vista la possibilità di poter usufruire degli sgravi contributivi stanziati dal governo e introdotti con la Legge di Stabilità 2015) e che permette, altresì, una maggiore flessibilità in entrata così come in uscita.

Molti lavoratori hanno già denunciato situazioni di questo tipo, che andrebbero stigmatizzate sia dalle istituzioni che dalle organizzazioni datoriali, in primis Confindustria, in quanto vengono tralasciate, da parte delle imprese, possibili conseguenze sul piano sociale. Si consideri che tali politiche aziendali mirano solo ad un risparmio economico senza tenere conto degli interessi e delle aspettative del singolo lavoratore che, invece, andrebbero messe in primo piano a scapito del profitto.

Altre criticità che emergono dal Jobs Act riguardano profili di legittimità costituzionale relativamente al diverso trattamento normativo riservato a lavoratori licenziati per lo stesso motivo e che pur rientrando nella medesima fattispecie corrono il rischio di essere trattati in modo diverso (si pensi all’ipotesi dei licenziamenti collettivi, in cui due lavoratori potrebbero essere coinvolti nella stessa procedura ed essere licenziati sulla base degli stessi criteri di scelta, ma si troveranno a godere il vecchio assunto della tutela reintegratoria e il nuovo assunto di un modesto indennizzo economico – sul punto vedasi anche Ns. recente pubblicazione).

Infine col Jobs Act c’è il rischio che emergano anche effetti distorsivi della concorrenza, in proposito è bene chiarire che molte imprese neo-costituite, potendo usufruire degli sgravi contributivi, vengono a trovarsi in una oggettiva situazione di vantaggio competitivo , rispetto alle vecchie imprese che, invece, si trovano costrette a far fronte ad oneri fiscali e contributivi superiori; sul punto un intervento dell’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) sarebbe auspicabile.

In conclusione è pur vero che spesso in Italia ci si muove sull’assunto: “fatta la Legge, trovato l’inganno” ma sarebbe opportuno un chiarimento da parte del Governo al fine di evitare possibili abusi.

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