SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE. IL LAVORATORE CHE PERDE CAUSA DI LAVORO NON PAGA PIU’ LE SPESE DI SOCCOMBENZA

Sentenza della Corte Corte costituzionale, niente più soldi per chi perde le cause di lavoro

I fatti.  …omissis…

Il Tribunale ordinario di Torino ed il Tribunale ordinario di Reggio Emilia, entrambi in funzione di giudice del lavoro, con le ordinanze rispettivamente del 30 gennaio 2016 e del 28 febbraio 2017, iscritte al n. 132 del 2016 e al n. 86 del 2017 del registro ordinanze, hanno sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 92, secondo comma, del codice di procedura civile, nel testo modificato dall’art. 13, comma 1, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile), convertito, con modificazioni, nella legge 10 novembre 2014, n. 162; disposizione questa che prevede che il giudice, se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti, può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero.Le ordinanze fanno riferimento a plurimi parametri in parte coincidenti. Il Tribunale ordinario di Torino richiama gli artt. 3, primo comma, 24, primo comma, e 111, primo comma, della Costituzione; il Tribunale ordinario di Reggio Emilia deduce gli artt. 3, primo e secondo comma, 24, 25, primo comma, 102, 104 e 111 Cost., nonché gli artt. 21 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, e gli artt. 6, 13 e 14 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, questi ultimi come parametri interposti per il tramite dell’art. 117, primo comma, Costituzione. Entrambi i giudici rimettenti incentrano i dubbi di legittimità costituzionale della disposizione censurata sulla mancata previsione, in caso di soccombenza totale, del potere del giudice di compensare le spese di lite tra le parti anche in casi ulteriori rispetto a quelli ivi previsti. Il solo Tribunale di Reggio Emilia deduce altresì la mancata considerazione del lavoratore ricorrente come parte “debole” del rapporto controverso al fine della regolamentazione delle spese processuali.

Il Prof. G. Maurizio Ballistreri, presidente dell’Istituto di Studi sul Lavoro della CONF.I.A.L.:

“Un lavoratore che si rivolge al giudice per un contenzioso di lavoro non sarà più obbligato a pagare le spese legali in caso di una sentenza sfavorevole. La Corte costituzionale infatti, ha dichiarato illegittimo l’articolo 92 del Codice di procedura civile, novellato nel 2014.

La Consulta ha affermato così, un principio importante di civiltà giuridica: il lavoratore deve avere la possibilità di promuovere una causa senza poter conoscere elementi di fatto, rilevanti e decisivi, che sono nella disponibilità del solo datore di lavoro. Proprio quelli che spesso rischiano di determinare la sentenza finale.

Cosa cambia di fatto per le spese nei processi di lavoro? Le regole processuali rimangono immutate, ma si riducono i rischi per i dipendenti che chiedono al giudice di riconoscere alcuni loro diritti. La riforma della norma del 2014 aveva comportato un crollo del contenzioso di lavoro: una situazione che non è derivata da una contrazione della violazione dei diritti dei dipendenti, ma perché quest’ultimi hanno temuto il pagamento di migliaia di euro in assenza della certezza di vincere la causa”.

Prof. Maurizio Ballistreri

 

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