Convegno “il Lavoro dall’800 ai giorni nostri nel Vallo di Diano”. Sintesi intervento del Segretario Confial

Convegno presso l’Auditorium Attilio CIRILLO di Atena Lucana sul tema: “Il Lavoro dall’800 ai giorni nostri nel Vallo di Diano, organizzato dalla Associazione “Amici in Movimento”, diretta da Francesco BELLOMO. È stato un confronto serrato e di grande interesse, tra esponenti del mondo della politica, del sindacato, dell’associazionismo, del mondo universitario e delle istituzioni locali.
Il Segretario nazionale della Confial Benedetto Di Iacovo ha relazionato  sulle trasformazioni impetuose che sono intervenute negli ultimi decenni nel mondo del lavoro, in quello produttivo e nella stessa società. Ha segnalato alla qualificata platea dei partecipanti i cambiamenti nel mondo del lavoro e le mutazioni nel modo di produrre, indotte dall’innovazione di processo e di prodotto, quindi dai sistemi di automazione e robotizzazione che interessano ormai appieno i processi produttivi con tutti gli effetti che una siffatta rivoluzione produce sull’occupazione e sulla stessa economia e il mondo delle imprese. Il lavoro cambia, scompaiono vecchi mestieri e professioni conosciute e se ne affacciano di nuovi. Industria 4.O e l’Intelligenza artificiale, ha proseguito Di Iacovo, rappresentano la quarta rivoluzione nel nostro Paese, in Europa e nel Mondo intero. È necessario -ha evidenziato- adeguare il nostro modo di pensare ma sopratutto quello della costruzione delle professionalità future, nuovi mestieri, nuove professioni, attraverso processi di formazione continua e di eccellenza. Il mondo universitario e il sistema formativo in generale devono adeguarsi, o metteranno fuori mercato intere generazioni. Niente sarà più come prima. La globalizzazione e la comunicazione tramite internet velocizzano e rivoluzionano i processi produttivi e quindi richiedono a tutti i soggetti del mondo del lavoro di adeguare i loro comportamenti in ragione di questo poderoso processo di innovazione e di trasformazione del modo di produrre e di lavorare. Progresso che è illusorio pensare di poterlo fermare. Sarebbe come pensare di volere spezzare le lancette dell’orologio con la presunzione di poter fermare il tempo. Il progresso e l’innovazione saranno inarrestabili.
Resta alla Politica, agli Stati e all’Europa il compito di intervenire per mitigarne gli effetti devastanti che tutto ciò produrrà sulla occupazione di tipo tradizionale, su quella ordinaria, di manovalanza, ma anche quella negli uffici, per effetto dell’avvento di PC sempre più performanti e di calcolatori e di sistemi tecnologici sempre più complessi e veloci.
Altri lavori si trasformeranno e sostituiranno quelli tradizionali che non richiedono invece specializzazioni e specifiche competenze.
La quarta rivoluzione industriale è in atto, agli stakeholder politici e di governo spetta il compito di fare fronte a ciò e di umanizzare la globalizzazione e i mercati, che mai dovranno sovrastare le persone e la dignità che gli rinviene dal lavoro, al quale va ridato nuovo valore.
Siamo nell’era dell’accesso, tra i cosiddetti “connessi” e persone fuori dal circuito. Il nuovo empireo virtuale che influenza il modo di produrre ed anche i consumi dei cittadini non aspetta chi non saprà sfruttare appieno i nuovi paradigmi tecnologici e la comunicazione veloce a mezzo internet, purtroppo, chi questo non saprà fare resterà margini, fuori dai circuiti, sopratutto nel mondo dei lavori che si va sempre di più delineando. L’intelligenza artificiale, che potremmo definire come l’abilità di un sistema tecnologico di risolvere problemi o svolgere compiti e attività tipici della mente e delle abilità umane, non risparmierà nessuno.
Il mondo Universitario, la scuola e la formazione -ha concluso il Segretario della Confial- devono adeguarsi, altrimenti per il nostro Paese e per le nuove generazioni non ci sarà futuro.
Ultimo punto  toccato dal segretario Nazionale Confial la riproposizione in chiave moderna della annosa questione meridionale, non più palla al piede ma risorsa necessaria per un effettivo sviluppo del nostro Paese che solo così si potrà proiettare in Europa come protagonista e non come comparsa. In quest’area -ho evidenziato- si avverte un grave deficit di classe dirigente ed è evidente il cortocircuito prodotto dalla fine improvvisa della prima Repubblica e il vuoto non facilmente colmabile attraverso gli attuali meccanismi selettivi del ceto politico. C’è fondamentalmente in Italia, ma nel Sud in particolare,  un problema di formazione delle classi dirigenti, intese nell’accezione più ampia come coloro i quali partecipano alla realizzazione delle scelte di interesse generale, in grado di trasmettere forti valori e cultura di governo, come i “cento uomini d’acciaio” immaginati dal grande meridionalista Guido Dorso nella sua “Rivoluzione meridionale” .

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