DI IACOVO, CONFI.A.L. SU: ECONOMIA SOMMERSA E POLITICHE DI CONTRASTO AL LAVORO IRREGOLARE

 

di

Benedetto Di Iacovo Coordinatore Nazionale CONF.I.A.L. Esperto di Politiche del lavoro ed Economia sommersa

“275 miliardi di euro annui, sottratti ad ogni tipo di tassazione, con un’incidenza sul Prodotto Interno Lordo (PIL) del 17,5% (era il 10,9% nel 2010)”.

 

La disoccupazione e l’economia sommersa costituiscono insieme un indicatore del potenziale umano inutilizzato e del livello di disagio economico e sociale.

Per questo motivo il dibattito sulla disoccupazione, sulle sue cause e sulle politiche per diminuirne l’impatto è uno degli argomenti maggiormente dibattuto a tutti livelli.

La disoccupazione, quindi, non è solamente un problema economico, ma anche e soprattutto sociale, poiché i suoi effetti si riflettono sulla sfera privata degli individui, causando dei drammi e sconvolgendo spesso anche il loro equilibrio psicologico. La riduzione della disoccupazione, di conseguenza, diviene uno dei principali obiettivi della politica economica.

Si consideri inoltre che nel Mezzogiorno il fenomeno riveste ulteriore interesse poiché presenta evidenti caratteri di strutturalità; in altre parole, persiste ormai da diversi decenni, a dispetto di altre realtà regionali nelle quali è più un fenomeno ciclico, anche se nell’ultimo periodo si denota una tendenza a un sensibile ridimensionamento.

La disoccupazione e le conseguenze che causa anche dal punto di vista sociale pongono un forte problema etico, perché un disoccupato di lunga durata, un lavoratore irregolare, una famiglia costretta al lavoro minorile costituisce un caso di violazione di diritti fondamentali della persona, e a tutti gli effetti appare un cittadino di serie B.

La debolezza del sistema produttivo delle regioni meridionali che si manifesta come effetto macroscopico in un elevatissimo tasso di disoccupazione, è tra le cause della nascita e dello sviluppo di forme consistenti di economia sommersa.

L’economia sommersa più che una forma patologica di economia ufficiale, potrebbe essere definita come una forma fisiologica attraverso cui si manifesta una fetta consistente dell’economia del nostro Paese.

Interi contesti territoriali e interi settori economici sono coinvolti in maniera molto forte in questo processo. Alcune volte sono intere imprese che operano in forma sommersa, altre volte sono delle imprese che mantengono sommersa una solo parte più o meno cospicua della loro attività, in altri casi, addirittura, è l’economia illegale e/o criminale a far da padrona. Il dualismo fra economia formale e economia informale potrebbe essere un paradigma interpretativo di questi aspetti dell’economia sommersa, soprattutto nelle regioni del Sud. Il concetto di economia informale è tuttavia più ampio del semplice concetto di sommerso, poiché coinvolge tutta un’organizzazione del sistema produttivo con delle regole interne di domanda e offerta che non corrispondono alle regole della domanda e dell’offerta dei mercati ufficiali. Il sommerso meridionale è strutturalmente diverso dal sommerso che si ritrova in altre aree del paese (ad. Es. le regioni Nord-Est).

 

L’economia sommersa del nostro Paese si aggira intorno ai 275 miliardi di euro, sottratti ad ogni tipo di tassazione, con un’incidenza sul Prodotto Interno Lordo (PIL) del 17,5% (era il 10,9% nel 2010).

Nel Nord, 13 lavoratori su 100 sono irregolari (oltre 1,6 milioni di lavoratori), producendo un’economia sommersa pari a circa 91,5 miliardi di euro corrispondente all’10,6% dell’intero PIL prodotto in quest’area.

Al Centro15 lavoratori su 100 sono irregolari (oltre 714 mila), che producono oltre 55,2 miliardi di euro equivalenti al 11,0% del PIL.

Di 4 punti percentuali sopra la media nazionale, si attesta il Mezzogiorno dove 21 lavoratori su 100 lavorano nel sommerso, con un fatturato di oltre 82,3 miliardi di euro pari al 12,3% del PIL del Sud.

La motivazione che spinge le imprese verso forme di lavoro non regolare non è semplicemente legata all’evasione di un obbligo contributivo. Anzi spesso è l’unica forma possibile (secondo alcuni imprenditori, incapaci di realizzare sostitutive economie di scala) per far mantenere in vita un’attività che altrimenti non potrebbe sopravvivere alla competizione, anche per deficit di uso di tecnologie appropriate, di processo e di prodotto.

Il lavoro nero e l’economia non regolare costituiscono in ultima analisi un indicatore di un utilizzo non efficiente dei fattori produttivi, di evasione fiscale e contributiva  e in ultima analisi di disagio economico e sociale.

Per questo motivo, la CONF.I.A.L. è del parere che il dibattito e le azioni effettive sulle politiche di contrasto al sommerso, per diminuirne l’impatto sull’economia sana e soprattutto legale, dovrà diventare uno dei temi prioritari della Presidenza italiana del Consiglio Europeo.
 

 

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