Analisi della disoccupazione giovanile, mercato del lavoro e questione meridionale.

Editoriale di Benedetto Di Iacovo*

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Nel X Rapporto sull’Economia sommersa ed il lavoro non regolare che ho appena pubblicato, unitamente all’economista prof. Domenico Marino, il giuslavorista prof. Maurizio Ballistreri ed altri Docenti e Ricercatori che collaborano con me, si evince che il tasso di disoccupazione giovanile italiana, indicativo delle difficoltà a trovare lavoro da parte della popolazione più giovane e dunque con meno esperienza lavorativa, è in lieve diminuzione anche se rimane elevato: nel 2016 è stato del 37,8% (-2,5% rispetto al 2015).

Si è quindi di fronte ad una disoccupazione che colpisce maggiormente i giovani, che non riescono a trovare spazio nel mondo del lavoro e che con ogni probabilità sono destinati a permanere in questa condizione per un lungo periodo. Se si analizzano, infatti, i dati sulla disoccupazione di lunga durata, si nota come ad essere più colpiti sono ancora una volta i giovani con meno di 25 anni. Se si analizza, invece il dato del 2016 per fasce d’età si nota che a gonfiare drammaticamente questo risultato è la disoccupazione giovanile con meno di 25 anni, che è di poco sotto la soglia del 60%, invece, il tasso totale (23,2%), anche se superiore alla media nazionale (11,7%), rimane a livelli decisamente più bassi.

Considerando il genere, la componente femminile è la più danneggiata, infatti nel 2016 il tasso di disoccupazione totale è pari al 26,3% e in aumento rispetto all’anno precedente e quella giovanile è pari a 69,2% (-0,9% rispetto al 2015 e +29,6% rispetto alla media italiana); invece la disoccupazione maschile totale è pari al 21,2% (22,5% nel 2015, valore Italia 10,9%) mentre quella giovanile si attesta al 54,2% (-8,3% rispetto al 2015), nettamente superiore rispetto alla media italiana (36,5%).

primo maggio confial 3Essere giovani nel Mezzogiorno non è facile. L’elevato tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, che rappresenta un elemento strutturale dell’economia meridionale toglie molte delle speranze di futuro a molti giovani di quei territori. Da ciò derivano consistenti flussi migratori soprattutto di tipo intellettuale. Il mercato del lavoro meridionale è stato sempre caratterizzato da forti flussi migratori che, però, oggi appaiono diversi da quelli che si erano visti negli anni ’50 e ’60 dello scorso secolo e, per certi versi anche più preoccupanti. Il Mezzogiorno ha il più alto tasso di migrazioni verso altre regioni del paese e questa emigrazione presenta una concentrazione maggiore nella fascia di età che va dai 25 e i 34 anni, nel momento, cioè, in cui si tenta di entrare nel mercato del lavoro. È importante perciò riflettere sulle caratteristiche di questi nuovi emigranti.

Vari fatti stilizzati consentono di notare come la mobilità territoriale è molto forte soprattutto con riferimento a due tipologie di individui: gli High Skilled Workers e i Low Paid Workers. Sono due gruppi completamente differenti per caratteristiche. Gli appartenenti al primo gruppo costituiscono la parte più dinamica del mercato del lavoro. Perdere con l’emigrazione individui appartenenti a questo gruppo significa perdere capitale umano e quindi competitività. È una migrazione caratteristica dei paesi in via di sviluppo che sono tipicamente esportatori di cervelli. Questa migrazione, fisiologica in quei paesi, è determinata dalla maggiore attrattività che hanno i paesi avanzati per questi lavoratori in termini di salario, di opportunità, di qualità della vita.

LAVORATORE CON BANDIERA CONFIAL    Le politiche del lavoro nel Mezzogiorno non sono mai state attente a fermare questo flusso di lavoratori qualificati. Ma, cosa che è più grave, questo problema non è stato nemmeno avvertito. Il secondo gruppo fortemente interessato dai flussi migratori è il segmento dei Low Paid Workers. Si tratta, in questo caso, di soggetti a bassissima qualificazione e bassissima specializzazione che partono spinti dal bisogno di trovare un lavoro per sopravvivere. Vanno ad arricchire quelle nuove forme di proletariato urbano che vive nei grandi centri in condizioni al limite della povertà, con un lavoro, nel migliore dei casi, precario, se non, spesso, nero. Anche in questo caso politiche opportune di formazione e di inserimento lavorativo avrebbero evitato o ridotto la creazione di questa nuova forma di marginalità. Fra coloro che si trovano in una posizione garantita è, invece, bassa la mobilità migratoria. Nel caso degli appartenenti al ceto medio, non High Skilled, con una famiglia che è in grado di finanziare un più lungo periodo di disoccupazione, il costo percepito per lo spostamento, non inteso solo in senso strettamente economico, scoraggia la scelta di emigrare e si è disposti ad accettare un periodo più lungo di disoccupazione pur di trovare lavoro nel territorio di origine. Questo stato di cose ci spinge a pensare che uno dei problemi fondamentali del mercato del lavoro meridionale è sicuramente la difficoltà nel creare nuovi posti di lavoro e, soprattutto, nuovi posti di lavoro qualificati, in grado di attrarre gli High Skilled Workers. Se non si innalza il livello della domanda, le sole politiche attive del lavoro sono sicuramente insufficienti a correggere gli squilibri sul mercato del lavoro. Per innalzare il livello della domanda sono necessarie delle sane e robuste politiche industriali, che nel Mezzogiorno sono sempre state problematiche.  Anche perché non è più un esodo biblico come avveniva qualche decennio fa, l’emigrazione, soprattutto quella intellettuale, costituisce un problema e ha bisogno di risposte rapide e appropriate in termini di politiche. Se non si inverte questo trend, il divario di sviluppo del Mezzogiorno con le altre regioni, anche con quelle del Mezzogiorno stesso, è destinato ad aumentare.  Il capitale umano è la vera ricchezza di ogni paese avanzato e se non fermiamo questa migrazione intellettuale il Mezzogiorno si ritroverà fra qualche anno ancora più povero e ciò continuerà a rendere il nostro paese meno competitivo con i restanti Paesi Europei ed Asiatici.

* Coordinatore della Segreteria Nazionale della CONF.I.A.L.

* Esperto di politiche del lavoro ed economia sommersa

 

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